Convegno nazionale Vocazioni e Università - Apostole Sacro Cuore

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CONVEGNO NAZIONALE VOCAZIONI E UNIVERSITA'

16 gennaio 2024 - 🕑 12 minuti di lettura

CREARE CASA
Roma 3-5 gennaio 2024
 
Quest’anno, ho avuto il piacere di partecipare al Convegno Nazionale della CEI per la pastorale delle vocazioni e per l’educazione, la scuola e l’università, che si è svolto a Roma, presso l’Hotel TH Carpegna Palace - Domus Mariae, dal 3 al 5 gennaio 2024.

«Creare casa» è il tema del Convegno. Il titolo riprende un’espressione di papa Francesco, al n. 217 dell’esortazione apostolica “Christus Vivit”, pubblicata all'indomani del Sinodo dei Vescovi su “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”.
“Creare casa – scrive il Papa – è permettere che la profezia prenda corpo e renda le nostre ore e i nostri giorni meno inospitali, meno indifferenti e anonimi. È creare legami che si costruiscono con gesti semplici, quotidiani e che tutti possiamo compiere”.

Nelle giornate del Convegno, abbiamo condiviso momenti di ascolto, confronto e preghiera.
I lavori sono stati aperti dal saluto di S.E. mons. Giuseppe Baturi, Arcivescovo di Cagliari e Segretario generale della CEI, e dall'introduzione dei Direttori degli Uffici nazionali promotori, don Michele Gianola ed Ernesto Diaco.
 
A guidare le riflessioni sono stati numerosi esperti, quali il sociologo Massimiliano Colombi, la pedagogista Chiara Palazzini, i filosofi Francesca Marin, Federico Zilio, Angelo Tumminelli.

Le tre giornate si sono così articolate:
- 3 gennaio: La casa di Nazareth
«È a Nazareth l’inizio del Vangelo, ossia della buona, lieta novella. Non è difficile, però, notare in questo inizio una particolare fatica del cuore, unita a una sorta di ‘notte della fede’, quasi un ‘velo’ attraverso il quale bisogna accostarsi all’Invisibile e vivere nell’intimità col mistero» (cf. Francesco, Evangelii gaudium, 287)

Prima relazione: Una cultura inedita palpita e si progetta nella città» (EG 73) - Una lettura delle dinamiche sociali e culturali di oggi (Prof Massimiliano Colombi, Docente di sociologia).

Nuove culture continuano a generarsi in queste enormi geografie umane dove il cristiano non suole più essere promotore o generatore di senso, ma che riceve da esse altri linguaggi, simboli, messaggi e paradigmi che offrono nuovi orientamenti di vita, spesso in contrasto con il Vangelo di Gesù. Si rende necessaria un’evangelizzazione che illumini i nuovi modi di relazionarsi con Dio, con gli altri e con l’ambiente, e che susciti i valori fondamentali.

Dice Papa Francesco in Evangelii gaudium ai nn 73-74: “E’ necessario arrivare là dove si formano i nuovi racconti e paradigmi, raggiungere con la Parola di Gesù i nuclei più profondi dell’anima delle città”.

-4 gennaio: La casa di Cafarnao
«Creare casa è permettere che la profezia prenda corpo e renda le nostre ore e i nostri giorni meno inospitali, meno indifferenti e anonimi […]. Creare relazioni forti esige la fiducia che si alimenta ogni giorno di pazienza e perdono» (Francesco, Christus vivit, 217)

Seconda relazione: «Legami che si costruiscono con gesti quotidiani che tutti possiamo compiere» (Cf. ChV 217) La comunità cristiana luogo di cura delle relazioni. (Prof.ssa Chiara Palazzini, Ordinario di pedagogia e psicologia)

«Oggi abbiamo di fronte la sfida di rispondere adeguatamente alla sete di Dio di molta gente […] con una spiritualità che li sani, li liberi, li ricolmi di vita e di pace e nel medesimo tempo li chiami alla comunione solidale e alla fecondità missionaria» (Francesco, Evangelii gaudium, 89).

*Conoscere
“Che è mai questo? Un insegnamento nuovo” (Mc 1,17)
Questo tema della conoscenza è stato trattato dalla prof.ssa Marcacci dal punto di vista filosofico. Conoscere per amare e amare per conoscere ha molto a che fare anche con l’esperienza della nostra vocazione e il contesto nella quale siamo chiamati a viverla.

L’incontro con Cristo rinnova i nostri rapporti umani, orientandoli, di giorno in giorno, a maggiore solidarietà e fraternità, nella logica dell’amore. Avere fede nel Signore non è un fatto che interessa solamente la nostra intelligenza, l’area del sapere intellettuale, ma è un cambiamento che coinvolge la vita, tutto noi stessi: sentimento, cuore, intelligenza, volontà, corporeità, emozioni, relazioni umane.

*Sentire
“Che vuoi da noi, Gesù Nazareno”? (Mc 1,24)
Un invito alla “essenzialità e purificazione da distrazione e comfort che intontisce” è venuto da don Fabio Rosini, direttore dell’Ufficio diocesano per la pastorale delle vocazioni della diocesi di Roma, intervenuto sul tema “sentire”. Oggi, ha spiegato, i ragazzi sono “distratti, tirati, espropriati da mille impulsi”.

Per fare il discernimento giovanile, vocazionale – il monito del sacerdote -, “bisogna mettere in atto un processo di purificazione”, di “liberazione da uno stato confusionale, per capire in mezzo a tante voci qual è la voce autentica”. Occorre insomma superare la montagna di spazzatura che si ha nel cervello.

Ed ogni scelta comporta una perdita: “scegliere Cristo vuol dire perdere il mondo”, ma “chi sceglie Cristo anziché il mondo, avrà sia Cristo sia il mondo “, mentre chi “sceglie il mondo, non avrà né il mondo, né Cristo”.

*Curare
«Guarì molti che erano affetti da molte malattie» (Mc 1,34)
Cura di sé, degli altri, della vita, della natura, delle istituzioni sono i temi al centro della riflessione di Luigina Mortari, ordinario di pedagogia generale e sociale all’ Università di Verona, incentrata sul verbo “curare”.

Ogni essere umano – spiega – è fortemente relazionale, dipendente da altri esseri umani. Suo compito non è solo aver cura di sé, ma anche degli altri.

La prima e fondamentale azione della cura è il dare attenzione all'altro, tutta la considerazione necessaria, mostrargli che per noi ha valore. Importanti anche l’ascolto e la capacità di non intrusività, di essere presente e prendersi cura dell’altro senza sostituirsi alla sua persona.

Occorre però una coltivazione dell’anima, capace di nutrire quei modi dell’essere che gli antichi definivano virtù. Due le virtù fondamentali per la cura: rispetto e generosità.

Infine il tempo: fare dono all'altro di un tempo di ascolto, di attenzione, di parola, di cura del corpo su un bimbo piccolo, di cura dell’anima su un ragazzo, un adulto o un malato; questo tempo dato – conclude Mortari – è il segno più grande dell’essere in una relazione di cura con l’altro.

Pensando alle nostre comunità, abbiamo individuato le seguenti sfide:
  1. Dare priorità alle relazioni autentiche (ovvero avere del tempo di qualità e di silenzio, per prendersi cura di sé e dell’altro, in modo equilibrato):
  2. Fare rete, ovvero collegare le diverse realtà educative presenti nei territori in cui viviamo, abbattendo l’autoreferenzialità e la cura delle sole attività e non delle persone; abitare la multiculturalità facendone un’opportunità per la costruzione di relazione vere; valorizzare i carismi di tutti per essere credibili.

Da questa esperienza fatta nel gruppo, abbiamo, poi, riconosciuto di dover purificare:
  • IL TEMPO: purificare l’efficientismo, l’ansia da prestazione, dandosi delle priorità; recuperare spazi di silenzio e il “diritto a non stare sempre sul pezzo”; non rimandare, ma portare a compimento ciò che si è iniziato; liberare il tempo da ciò che distrae dall'ascolto e dall'annuncio della Parola di Dio.
  • LO SGUARDO: purificarsi dal guardare le vite degli altri e perciò purificare le relazioni evitando la mediocrità; purificare il cuore e liberare la mente dagli schemi.
  • LE CONNESSIONI: L’essere sempre connessi, disconnettere da sé stessi; liberarsi dall’illusione del multitasking, dalla reperibilità, dalla velocità, dal fatto che correre e fare esaurisca il vivere

Alle 21.00 Veglia di preghiera
                      
La veglia vocazionale “Creare casa” si è sviluppata in 3 momenti:
  1. Accogliere, con l’intronizzazione della Parola che ci deve sollecitare a rispondere alla sensazione di “profonda orfanezza” di tanti giovani creando spazi fraterni e attraenti dove si viva con un senso.
  2. Creare legami, accogliendo l’icona del Cristo che viene, “è imparare a sentirsi uniti agli altri… è creare relazioni forti” …è fare casa, è fare famiglia e questo esige fiducia, pazienza e perdono. Questo è suggellato dallo scambio della pace.
  3. La profezia prende corpo, accogliendo in ginocchio l’Eucarestia e offrendo ognuno un grano di incenso che verrà bruciato come segno della nostra preghiera silenziosa.

La veglia si è conclusa con la preghiera per la 61a CMPV e la consegna dell’icona alla regione Sardegna e impegnandoci a far risplendere la Chiesa della bellezza di tutte le vocazioni.

L’immagine preparata è un’icona del Cristo che viene; essa porta direttamente alla radice della vocazione cristiana e alla sorgente di ogni chiamata perché la vocazione è incontrare e riconoscere il Signore Risorto che abita i passi della propria storia. Se il nostro sguardo potesse attraversare il cielo, se potesse guardare attraverso la storia e i fatti della vita altro non vedrebbe che il Cristo che viene perché raggiungerci – venire verso di noi – è l’unica cosa che anch’egli ardentemente desidera; stare in nostra compagnia, fare casa con noi: «Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (Ap 3,20)

-5 gennaio 2024: creare casa nella Galilea - (giornata conclusiva dell’evento).
Alle ore 9.00 Lectio biblica: intercedere, cercare il bene degli altri - p. Cesare Falletti.

Alle 9.30 «Quello che le nostre mani hanno toccato» (1Gv 1,1)

In questa mattinata ci siamo soffermati a riflettere su tre sfide che ritengo importanti al riguardo:
  1. Il cambiamento delle condizioni di vita dell’uomo nel mondo tecnologico;
  2. L’impatto delle nuove tecnologie sulla definizione stessa di ‘uomo’ e di ‘relazione’
  3. Il concetto di ‘conoscenza’ e le conseguenze che ne derivano».

Questa giornata odierna, intitolata “Creare casa nella Galilea”, regione dove si reca Gesù dopo la resurrezione, è stata provocatoriamente dedicata ad una riflessione sul post umanesimo a cura di Francesca Marin (Università di Padova), Federico Zilio (Università di Padova) e Angelo Tumminelli (Università Lumsa, Roma).

Sulle sfide antropologiche e vocazionali sollevate dal post umanesimo si è soffermata, Francesca Marin, docente di filosofia morale (Università di Padova). Inquietanti gli scenari delineati, in parte già in atto: crioconservazione di cadaveri, o esclusivamente delle loro teste, e in prospettiva trasferimento del loro contenuto neuronale su un supporto digitale; ampliamento a “nuovi sensi” e ibridazione uomo – macchina. Obiettivo, il superamento dei limiti umani in vista di una sorta di “perfezione” di fronte alla quale la filosofa si chiede:
“Meglio una vita perfetta oppure una vita buona, compiuta? Scegliamo la perfezione o il compimento?”.

Quando entriamo in queste letture, negli orizzonti del postumano e del cyborg, cogliamo realmente una possibilità di vita evangelica, di incredibile annuncio vocazionale. Sappiamo che l’orizzonte che discende dalla risurrezione del Signore esiste; c’è un mondo ‘altro’ al quale siamo chiamati; una destinazione, una prospettiva di domani che va oltre la storia.

Questo mi sembra un annuncio così bello per questo tempo, un annuncio del quale mi sembra ci sia una grande sete. È chiaro che ciò che vediamo sia anche dissonante con l’annuncio cristiano, non possiamo contrapporci a ciò che vediamo, ma dobbiamo piuttosto entrare nella complessità per cogliere le domande che emergono dal cuore dell’uomo, e comprendere che cosa il Vangelo ha da dire riguardo a questi desideri che gridano dal cuore degli uomini del nostro tempo.
                                          

CONCLUSIONI: don Michele Gianola e prof. Ernesto Diaco

“Vogliamo ricreare in questi tre giorni il clima della casa che abbiamo messo a tema di questo convegno”, ha detto don Michele Gianola, sottosegretario della Cei e direttore Ufficio nazionale per la pastorale delle vocazioni, precisando che “le case in cui viviamo non sono solo strutture; sono soprattutto le relazioni che viviamo, all'interno delle quali si incarna e scorre la vita dello spirito”.

Per Diaco, “nella realtà del postumano ci vuole coraggio a presentare la prospettiva di un umanesimo integrale e trascendente” che dia “valore alla vulnerabilità e significato alla sofferenza”, ma è questa la “visione dell’uomo” da presentare.

La mia esperienza
La bellezza che abbiamo fatto insieme, pastorale delle vocazioni e pastorale universitaria, è stata, per me, una esperienza bellissima; lo stile del lavorare insieme, scambiarsi esperienze, pensieri, vissuti che vuol dire conoscersi, è importante anche che sia condiviso nelle diocesi e in tutte le realtà pastorali locali, comprese parrocchie in cui viviamo quotidianamente.

Questa esperienza la posso sintetizzare così:
  • abbiamo vissuto una grande scuola di relazioni fra di noi e anche con gli altri.
  • Apprezzare le differenze, accompagnare con cura, agire con coraggio nella vita di ogni giorno.
  • Infine, coraggio nei nostri luoghi di studio e di lavoro pastorale perché il peggio per un educatore è non rischiare, ma quando non si rischia non c’è fecondità. Allora– l’esortazione conclusiva – andiamo a rischiare per essere fecondi.

AVERE PAROLE, CASE, ORIZZONTI E SPAZI NEI QUALI IL VANGELO POSSA EMERGERE CON ATTRATTIVITÀ

Paola Gambino

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